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LUTTO E PERDITA: VERSO LA CRESCITA

Aggiornamento: 7 set 2020



La psicoterapia analitica rappresenta uno strumento privilegiato di osservazione per comprendere e delineare le dinamiche relazionali. Il focus è andare a comprendere la relazione con l’oggetto, ma soprattutto le dinamiche connesse con l’assenza, definitiva o momentanea, dello stesso (Lalli, 1997).

Le separazioni, nei rapporti, sono inevitabili e necessarie per la crescita psichica. Chiunque abbia vissuto un lutto, una perdita, con le sue connotazioni di esperienza inattesa o attesa e violenta, ne comprende le caratteristiche di estrema drammaticità, di perdita improvvisa della prevedibilità degli eventi, di scossa profonda agli abituali parametri di riferimento e di rappresentazione della propria esistenza.


Cosa succede quando l’oggetto è assente?


Il nostro rapporto attuale con la morte o la perdita, a livello personale e sociale, è segnato dal tentativo dell’Io di rimuoverla. Il nostro inconscio non accetta l’idea del “morire”. L’idea di separazione mobilita un’insopportabile angoscia dalla quale individualmente, ma anche collettivamente, abbiamo imparato a difenderci. E già Freud, padre della psicoanalisi, notava una chiara tendenza a non pensare alla morte, a soffocarne la voce e ad eliminarla dalla vita sociale (Sandrin, 2000). Per Freud lo stato melanconico è quello di un attaccamento caparbio della persona all’oggetto che sembrerebbe voler smentire la sua perdita irreversibile. All’origine della melanconia vi è, infatti, la perdita di un oggetto narcisisticamente significativo, al quale la libido della persona ne era vincolata. Il lavoro del lutto, in Freud, è quel lavoro simbolico che rende possibile un’introiezione soggettiva della perdita, con un reinvestimento della libido nel mondo (Recalcati, 2016).

A tal proposito, la fondatrice della psicotanatologia, Elisabeth Kübler-Ross, nel 1970, ha elaborato un modello a 5 fasi, che ancora oggi, rappresenta uno strumento pratico, in ambito clinico e ospedaliero, per capire le dinamiche psicologiche.


1. Negazione: “Non è vero, si sbaglia!”. Questa è il primo processo che si mette in atto nel momento di una separazione (morte, perdita del lavoro, fine di una relazione). È un temporaneo stato difensivo che protegge la persona da un’eccessiva angoscia della perdita;

2. Collera: “La vita è ingiusta”. Quando la prima fase di rifiuto non può più durare, viene sostituita con la rabbia, invidia e risentimento. Questa fase è molto più difficile da affrontare, in quanto questa rabbia viene proiettata in tutte le direzioni e sull’ambiente;

3. Venire a patti: “Se lo farai tornare o guarire, farò…”. La fase del compromesso, meno nota, ma egualmente vantaggiosa per la persona. Se nel primo periodo non si è capaci di affrontare la realtà e nel secondo proviamo rabbia verso gli altri, in questa terza fase si inizia a progettare dove si può investire la speranza, iniziando una specie di negoziazione con la vita. In questa fase la persona riprende il controllo della propria vita e cerca di riparare il riparabile;

4. Depressione: Il torpore o lo stoicismo, la collera e la rabbia saranno sostituiti dalla depressione. Rappresenta il vuoto che si prova quando ci rendiamo conto che la persona o la situazione è andata o finita. In questa fase, di solito le persone si ritirano dalla vita, si sentono insensibili e il mondo potrebbe sembrare opprimente;

5. Accettazione: Quando la persona ha avuto modo di elaborare quanto successo arriva ad un’accettazione della propria condizione ed a una consapevolezza di quanto sta succedendo. È il momento della “restituzione” a chi è stato vicino alla persona. È il momento in cui la persona si prende cura di sé.

Il lavoro analitico si concentra non solo sulla singola persona, ma sul campo collettivo e sulla matrice gruppale condivisa. A tal proposito, il gruppo inteso sia come lavoro terapeutico sia come sostegno comunitario, nel lavoro di elaborazione della perdita, è finalizzato a sostenere la strutturazione di una rete di relazioni, in cui ogni partecipante è un punto nodale e di crescita della rete. Diventerà il gruppo stesso la “cura” di se stesso e dei suoi componenti.


La crisi serve per creare…


Secondo Paul Claude Racamier (1985, p. 16), perché si possa parlare di processo di crisi, è necessario che una persona venga a trovarsi di fronte alla rottura di un equilibrio psichico già raggiunto. Quando questo avviene, il soggetto si trova ad affrontare la presenza di una pressione, esterna o interna, che rende le difese adottate precedentemente agli eventi trasformatori non più utili. In questa situazione la persona sarà, quindi, costretta a creare delle nuove strategie per fronteggiare le crisi evolutive.

I ricercatori Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun (2004), psicologi dell’Università del North Carolina, negli anni ’90 hanno introdotto il concetto di Post traumatic Growth (PTG)- Crescita post Traumatica- per indicare come l’uomo, in seguito ad una grave crisi sia costretto a compiere un’opera di ricostruzione, che gli permetterà, di ricreare strutture interne nuove.

Secondo gli autori, il processo di crescita porta con sé cinque componenti:

1. Relazione con gli altri: costruzione di nuove relazioni e rinsaldamento di quelle vecchie;

2. Nuove possibilità: cambiamenti negli scopi di vita, apertura nei confronti di nuove esperienze;

3. Forza personale: cambiamento nel percepire la propria identità;

4. Cambiamento nella spiritualità: maggiore consapevolezza delle proprie credenze;

5. Apprezzamento per la vita: cambiamento nella visione di vita e del mondo.


Ognuno di noi può scegliere di raccogliere le proprie forze. Il dolore è la molla che ci fa scoprire resilienti, che ci dà la forza di guardare la nuova realtà e di agire con strategie creative.


BIBLIOGRAFIA

Kübler-Ross, E. (1976). La morte e il morire. Assisi: Cittadella Editore.

Lalli, N. (1997). L’isola dei Feaci. Percorsi psicoanalitici nella storia della psichiatria, nella clinica, nella letteratura. Roma: Nuove Edizioni Romane.

Racamier, P.C. (1985). Di Psicoanalisi in Psichiatria. Torino: Loescher. Sepe, Onorati, Rubino, Folino. La funzione evolutiva della crisi: dalla terapia alla ricerca. Rivista di psicologia.

Recalcati, M. (2016). Jaques Lacan. La clinica psicoanalitica: struttura e soggetto. Milano: Raffaello Cortina Editore.

Sandrin, L. (2000). Compagni di viaggio. Il malato e chi lo cura. Roma: Paoline Editori Libri.


Giulia Quaranta


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