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  • Immagine del redattoreGiulia Quaranta

REALTÀ VIRTUALE: UN TRATTAMENTO INNOVATIVO PER ANORESSIA E BULIMIA



Nell’antica lingua sanscrita la parola avatar significa letteralmente “discesa” ma nella Realtà Virtuale si intende il nostro alter-ego, dunque l’immagine di una persona, tramite il mondo virtuale, il più possibile associato a quello reale.

Nel contesto dei Disturbi della nutrizione è un corpo virtuale che impara ad affrontare le sfide della vita quotidiana prima ancora del corpo reale.Pertanto, ad oggi, la Virtual Reality (VR) si avvale di un avatar come ausilio nel trattamento innovativo dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

La Realtà Virtuale rientra tra gli strumenti di uso per problemi di carattere medico-riabilitativo e psicologico. In che modo?

Il DSM-5 definisce così i Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “[essi] sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione oppure da comportamenti inerenti l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo e che compromettono significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale (APA, 2014).”

I disturbi della nutrizione più noti, anoressia e bulimia, sono strutturalmente differenti tra loro ma hanno un aspetto cognitivo in comune: chi ne soffre distorce immancabilmente la propria immagine corporea.

Questo denominatore comune è stato il punto di partenza per dimostrare l’utilità della VR. Di fatto, essa può contribuire a modificare le errate percezioni di sé. La possibilità di costruire un ambiente complesso e specifico dà la possibilità all’utente di inserirsi “fisicamente” in un contesto controllato. Il plus fornito da un percorso con specialisti in cui viene usata la VR è dato, secondo Riva, dal poter modulare sensazioni, emozioni e valutazioni.

In che modo la VR aiuta le persone con un disturbo dell’alimentazione?

La Realtà Virtuale ha a suo vantaggio molteplici software che offrono situazioni ad hoc, a seconda dei bisogni della persona. L’utente, indossando il caschetto, si trova in una realtà simulata. Vieni dunque proiettato in contesti caratterizzati da elementi che, nel vissuto reale, gli creano ansie e difficoltà. Nel caso dei DCA, contesti discriminanti possono essere, ad esempio, un ristorante o un supermercato. Grazie l’utilizzo della VR si può creare una stanza di comfort dove il paziente può immergersi virtualmente e imparare a mettere in atto nuove strategie adattive per saper poi affrontare la situazione reale.



Al momento, un progetto italiano molto promettente è dato dalla collaborazione tra il Dott. Vicentini, presso la Villa Santa Chiara (VE) e il Prof. Riva, docente di Psicologia della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano, un protocollo integrato in regime di ricovero sintetizzato in tre fasi:

  • Costruire l’avatar in base a come la persona vede se stessa e allo stesso tempo il terapeuta disegna una figura realistica del paziente. Quindi i due disegni vengono messi a confronto;

  • Affrontare, tramite l’avatar, le situazioni che risultano più problematiche e stressanti;

  • Imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni tramite l'”immersione” dell’avatar in situazioni significative per il paziente. Così, è possibile affrontare le difficoltà ma in un ambiente protetto e strutturato.

Numerose ricerche in diverse aree geografiche, fra cui quella portata avanti da Vincelli e Riva, evidenziano particolari vantaggi dati dall’integrazione tra Realtà Virtuale e Terapia cognitivo comportamentale (CBT):

  • Ristrutturazione cognitiva;

  • Costruzione di credenze più realistiche;

  • Mantenimento di una percezione più veritiera del proprio corpo.

In conclusione, la VR può essere un prezioso materiale di aiuto per il terapeuta nel trattamento di molteplici patologie. Di fatto, la sua natura immersiva permette al terapeuta e al paziente di intensificare il percorso e di ridurne i tempi.

Bibliografia

Riva, G., Bacchetta, M., Baruffi, M., Rinaldi, S., & Molinari, E. (1999). Virtual reality based experiential cognitive treatment of anorexia nervosa, Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry, 30(3), 221-230.

Riva, G. (2005). Virtual Reality in psychoterapy: Review. CyberPsychology & Behavior, 8(3), 220-240.

Vincelli, F., Riva, G. (2007). La realtà Virtuale come supporto alla psicoterapia cognitivo comportamentale, in Vincelli F., Riva G., e Molinari E. (Eds). La realtà virtuale in psicologia clinica. Nuovi percorsi di intervento nel disturbo di panico con agorafobia, pp. 67-92. Milano: McGrawHill.

Senatore, I. (2013). Psicopatologie e tecniche per l’intervento clinico – Disturbi dell’alimentazione. Milano: FrancoAngeli.

American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei Disturbi mentali, tr. It. Raffaello Cortina, Milano, 2014.


Giulia Quaranta


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